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[ caprioli in scatola ]
Marx – In effetti la legge contro i furti di legna, come la legge contro gli abusi di caccia, forestali e campestri, meriterebbe di essere esaminata non solo in riferimento alla Dieta, ma anche per se stessa.[1]
In un certo qual senso sono lieto di non aver imparato a pensare e scrivere di filosofia, perché in tal caso potrei aver imparato a trascurare proprio effetti temerari come questi…
Tutti sappiamo, anche se non sappiamo altro, che “la fotografia di un cane e l’immagine di un cane in un manuale di zoologia e il dipinto ‘il cane’ esibiscono qualcosa di diverso e in un modo diverso.[2]
Quanto di nuovo invece vengo a sapere è che se dei caprioli venissero rappresentati in pittura come in un bosco, essi e il loro mondo, oltre a perdere il numero perderebbero ogni consistenza per diventare un concetto. 
I caprioli nel bosco, dipinti per esempio da Franz Marc, non sono questi caprioli in questo determinato bosco, ma “il capriolo nel bosco”.[3]
Se ora con “questi caprioli” si indicano “i caprioli dipinti” in “questo bosco dipinto”, la loro negazione in quanto “caprioli dipinti in un bosco dipinto (da Franz Marc)” non lascerebbe alcunché che possa trasformarsi in un qualcos’altro, fosse pure un etereo concetto, poiché con questa negazione si negherebbe il dipinto stesso (di Franz Marc). La semplice negazione dell’oggetto da cui si parte impedirebbe ad ognuno di procedere… ma non a chi ne ha fatto una moina.Difatti, per far posto al concetto di “scarpe (da contadino)” svanisce il determinato quadro dipinto da van Gogh che Heidegger descrive e sul quale discorre nell’Origine. (A quale particolare opera di van Gogh si riferiva nell’Origine? – chiederà Schapiro ad Heidegger... - Al filosofo “questo” non riguarda affatto – ci ha spiegato spiega Derrida).
Ora, si dà il caso che anche i caprioli di Marc sono raffigurati in due quadri - e sarebbe interessante sapere se qualcuno ha mai chiesto ad Heidegger anche a quale dei due quadri di Marc si era riferito dieci anni prima di infilarsi le scarpe di van Gogh. A noi comunque questo non interessa. Ma quello che ci interessa è aver avuto la conferma che per “abitudine” il filosofo non trasforma solo la singola (determinata) opera in un concetto, ma riduce interi gruppi di opere al concetto che hanno in comune (caprioli, scarpe, ecc).
E’ così che ogni particolarità e modalità dell’opera svapora assieme all’artista che l’ha creata.[4]
Non per niente il filosofo predilige partire dall’opera già approntata e messa in mostra in quanto sensibilizzato concetto di un essente nel proprio posto[5]
, e quindi procedere tranquillo.
È possibile definire una tale esibizione (“il capriolo nel bosco”) nel senso dell’arte come una schematizzazione, la sensibilizzazione di un concetto, sempre a condizione che qui “concetto” non venga compreso come “concetto teoretico”, come il concetto zoologico del capriolo, ma come il concetto di un essente che compare facendosi innanzi insieme a me nel mio mondo e che, come me, ha nel mondo che condividiamo un mondo circostante; il capriolo, per così dire, come “abitatore del bosco” contro il concetto anatomico-zoologico del capriolo.[6]

Mentre per Heidegger dall’esibizione del quadro può avanzare (come essente) la comprensione del concetto di capriolo quale abitatore del bosco ecc., per Marc magari avanza (come essente) il dipinto stesso nelle sue determinate modalità e particolarità pittoriche - la pittura compare per farsi innanzi nel mio mondo. Quello stesso quadro che per il filosofo è un “mezzo” per sensibilizzare un concetto ecc., per il pittore non sarebbe altro che “questo quadro dipinto”… a modo mio.
Come ciò che vale per Heidegger può non valere per Marc, anche ciò che  vale per il capriolo (di Marc) può non valere per le scarpe (di van Gogh).  Magari ai caprioli di Marc non importa nulla di venire schematizzati e ridotti a un concetto (d'altronde è molto probabile che “questi caprioli nel bosco” fossero già figure mentali del pittore, che le ha dipinte a memoria); ma non credo affatto che altrettanta indifferenza può valere anche per le scarpe di van Gogh, le quali esibiscono tutta la sostanza e l’indecenza di essere state gravate da un corpo pesante che le ha consumate aggirandosi con loro nel mondo circostante.
Un paio di scarpe dipinte da van Gogh, sono queste scarpe in questo determinato quadro, non “le scarpe nel quadro”. 

Se si presta attenzione a questa distinzione tra i due concetti, allora è effettivamente possibile dire che nell’arte è esibito il concetto; lo si può dire se inoltre si presta attenzione alla tendenza e alla modalità di comprensione cui questi diversi concetti corrispondono. Ma con questo non s’intende solo dire che questa sensibilizzazione nell’esibizione artistica si distingue essenzialmente da una semplice riproduzione pittorica, così come si distingue da una schematizzazione teoretica, fatta per esempio per scopi zoologici. Nell’esibizione artistica è esibito un concetto che in questo caso esibisce la comprensione di un esserci, più esattamente di un essente che è insieme a me nel mio mondo circostante, la comprensione di un essente e del suo essere nel mondo; esibisce, infatti, l’essere-nel-bosco del capriolo e la modalità del suo essere-nel-bosco. Definiamo questo concetto del capriolo e questo concetto del suo essere come concetto ermeneutico, in contrapposizione ad un puro concetto cosale.[7]

Per dirla in altre parole, io ho capito che per il filosofo il pittore di caprioli esibirebbe, nella modalità artistica, l’idea (concetto) di aver compreso che i caprioli (un essente) esistono realmente nel bosco (mondo) e sono a portata (insieme a lui nel suo mondo circostante) di mano… e anche dello schioppo del cacciatore… ad esempio.
E il pittore di scarpe, cosa esibirebbe? L’idea di aver capito che le scarpe esistono per proprio conto anche fuori dai suoi propri piedi?
Entrambe i pittori esibiscono… un concetto… di che cosa, in definitiva  e precisamente?
Il concetto del “capriolo nel bosco”, o del “dipinto del capriolo nel bosco”?
Il concetto di “un semplice paio di scarpe” o il concetto di “un semplice paio di scarpe dipinte”?
Che fine farebbero certi concetti, complicati da intrusioni zoologiche o iconografiche, se ora ci mettessimo davanti ad un’opera d’arte senza caprioli, boschi, scarpe da contadini?[8]
Scegliendo, ad esempio, un quadro Malevich, che ha ripetutamente dipinto quadri senza immagini refenrenziali extrapittoriche, io credo proprio di arrivare presto a concludere che nelle esibizioni artistiche di “caprioli nel bosco”, di un quadro con scarpe di van Gogh o anche del quadrato suprematista, ciò che immediatamente viene avanti è il mero esser-ci cosale della tela dipinta con le determinate modalità con cui è stata dipinta dal pittore… Con davanti un quadro di Franz Marc, di van Gogh o di Malevich, è “questo” stesso quadro l’essente che, in prima istanza, avanza con me nel mondo circostante. E non può essere altrimenti…
Certo la sensibilizzazione di un concetto in “una materia formata, al pari di una scarpa o di una scatola[9], non esaurisce l’essere di un’opera d’arte. D’altra parte, però, senza una scatola dove raccogliere e mettere tutto il resto di questo suo essere opera d’arte, come far viaggiare un quadro, per esempio quello di Van Gogh con le scarpe o quello di Marc con i caprioli, da una esposizione all’altra? come spedire le opere d’arte assieme al  carbone dalla Ruhr e al legname della Foresta Nera?
Insieme a questa immediata cosalità dell’opera in generale, il dipinto di van Gogh esibisce anche la particolare cosalità della raffigurazione di un mero paio di vecchie scarpe (vuote); senza null’altro e senza neppure un luogo dove stare (come nota Heidegger) sono isolate dal mondo appunto per mostrarsi nella loro solida determinatezza e unilateralità.[10]
“Queste” scarpe dipinte da van Gogh (di chiunque siano) per come sono dipinte e con la loro particolare fisionomia, hanno consumato persino la possibilità stessa di essere un concetto[11]. Inoltre, queste scarpe (dipinye) sono fatte della stessa materia formata del quadro; così questo quadro e questo paio di scarpe si equivalgono; dunque: che la scatola è quel paio di scarpe vale a dire che il quadro è nient’altro che quel paio di vecchie scarpe (dipinte).
Ciò che sembrava dover svanire nell’indifferenza del concetto sta invece davanti a noi, col suo specifico carattere, nella maggiore  corposità di cui è stata capace la pittura…
Che non si possa arrivare allo stesso risultato con il quadro di Marc, mettendo i suoi caprioli in scatola[12], sembra dirci la necessità di van Gogh di scegliere il “motivo” delle scarpe per raggiungere (e aggiungere) la densità al mondo…

Ma forse tutto questo è già stato detto con parole migliori, e magari anche più chiaramente esposto nel dire di Heidegger[13], di Derrida, di Schapiro o di altri legittimi possessori di boschi - nei confronti dei quali io mi sono avvalso soltanto del semplice diritto consuetudinario di raccogliere i rami caduti dei loro ben piantati alberi della sapienza…
Non ne avevo forse diritto?...

Si troverà che le consuetudini comuni a tutta la classe povera sanno cogliere con sicuro istinto il lato dubbio della proprietà; si troverà non solo che questa classe sente l’impulso di soddisfare un bisogno naturale, ma altresì che sente il bisogno di soddisfare un impulso legittimo. La legna caduta ci serve da esempio.[14] 

Non ne avevo la capacità?...

Sarebbe molto pericoloso lasciar determinare il valore della legna asportata dalla guardia forestale che fa la denuncia. Certo le denuncie di queste guardie sono degne di fede; tuttavia solo rispetto al fatto, non già rispetto al valore.[15]
[1] - Marx, Dibattiti sulla legge contro i furti di legna, in Scritti politici giovanili, cit., p. 178. La legge per la repressione dei furti di legna, discussa dalla sesta Dieta renana nel giugno 1841, rappresentava un aspetto significativo della lotta condotta dai proprietari terrieri contro le ultime parvenze di proprietà collettiva del suolo. Le violazioni si erano fatte molto frequenti per la crescente miseria dei contadini, tanto da dar materia a ben tre quarti dei processi dibattuti i Prussia. Per parte sua la Dieta votò un inasprimento dell’ordinamento prussiano, trasformando l’asportazione di legna in furto qualificato, cioè in reato punibile coi lavori forzati.
[2] - L’intero brano in esame appartiene al corso del semestre invernale 1925-26 di Heidegger (Logica. La questione della verità), ed è riportato all’interno di una nota di Ardovino in Dell’origine…, cit. (leggilo in Appendici).
[3] - Ivi.
[4] - E’ questo che Schapiro rimprovera al filosofo, quando gli imputa di aver “comunque dimenticato di tenere in debito conto un importante aspetto del quadro: la presenza dell’artista nell’opera"? per colcludere dicendo che "la sua evocativa descrizione del soggetto ignora tutto quello che c’è di tipicamente personale e fisionomico in quelle scarpe”.
[5] - “Nel quadro di van Gogh non potremmo mai stabilire dove si trovino quelle scarpe”. E’ questa mancanza di “un proprio posto” (nel mondo che condividiamo e nel proprio “mondo circostante”) che Heidegger nota nelle scarpe del quadro di van Gogh? Un difetto per cui quelle scarpe possono essere messe ovunque, prese e date a chiunque? Se tuttavia possiamo invece stabilire qual è il posto reale del quadro che le rappresenta (appeso a un chiodo infisso al muro) ecco trovato finalmente il loro posto, concreto e percettibile ai sensi, e che l'opera di pittura si porta sempre dietro - il resto è fantasia e sogno.
[6] - Heidegger, Logica. La questione della verità, (riportato da A.  Ardovino, Dell’origine…, cit., leggilo in Appendici.
[7] - Ivi.
[8] - “L’opera (la scarpa) rende noto qualcos’altro, rivela qualcos’altro: è allegoria”, si era detto (Heidegger, Origine Ni68, cit., p. 6)… Spariti scarpe e caprioli si dileguerebbe ogni allegoria… a cos’altro si riunisce, di cos’altro è basamento?... rimane l’opera, come allegoria che si autorivela?...
[9] - Heidegger, L’origine dell’opera d’arte, in Dell’origine dell’opera d’arte e altri scritti, cit. p. 42 (cfr. anche qui, a p. 81, l’intero § “io penso a te…”.
[10] - Non si tratta tanto di imputare ad Heidegger il fatto di  aver “dimenticato di tenere in debito conto un importante aspetto del quadro: la presenza dell’artista nell’opera” (la sua notazione biografica), ma di aver trascurato il carattere particolare delle scarpe stesse.
[11] - L’intelletto può ben avere il compito di riconoscere i caratteri particolari delle cose, non certo quello di mantenerle nella nebulosità indistinta del concetto, o di rigettarvele proprio quando fanno di tutto per diventare qualcosa di unilaterale nella multilateralità del mondo.
[12] - L’idea ci ripugna. Forse perché suppone torbide lavorazioni ulteriori sui caprioli, per decostruirli, dopo l’uccisione, ad es. in carne e pellame – materia prima nella lavorazione di scarpe e stivaletti morbidi come guanti…
[13] - Che Heidegger abbia preso atto anche di forme di artisticità diverse dalla rappresentazione della realtà è ravvisabile nella Conclusione: “…dall’inverno 1829-30 in cui l’estetica di Hegel venne esposta per l’ultima volta nell’Università di Berlino, abbiamo assistito alla nascita di molte nuove opere d’arte e di numerosi nuovi indirizzi artistici. Hegel non ha mai preteso di negare questa possibilità” (Origine Ni68, p. 63).
[14] - Marx, Scritti politici giovanili, cit. p. 190-191. – Vedi altro in Materiali.
[15] - Ivi, p. 194 - dalla protesta di un deputato delle città alla Dieta.
IMMAGINI- sinistra: Franz Marc, Caprioli nel bosco I, 1913, olio su tela  cm. 100.97 x 104.78; Washington, Phillips Collection; destra: Franz Marc, Caprioli nel bosco II, 1914, olio su tela cm 110 x 100,5; Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle.






§ [ caprioli in scatola ]
Nota 14 - “Si troverà che le consuetudini comuni a tutta la classe povera sanno cogliere con sicuro istinto il lato dubbio della proprietà; si troverà non solo che questa classe sente l’impulso di soddisfare un bisogno naturale, ma altresì che sente il bisogno di soddisfare un impulso legittimo. La legna caduta ci serve da esempio. Essa è tanto poco in rapporto organico con l’albero vivente, quanto la pelle caduta col serpente. La natura stessa rappresenta nei rami e nelle fronde secchi e caduti, separati dalla vita organica, in contrapposto agli alberi e tronchi ben radicati, ricchi di linfa, che assimilano organicamente aria, luce, acqua e terra per mantenere la propria forma e vita individuale, il contrasto fra ricchi e poveri: ne è una immagine fisica. La povertà umana sente questa affinità e su tale sentimento costruisce il proprio diritto di proprietà: e perciò, mentre riconosce la ricchezza degli organismi fisici al proprietario legittimo, rivendica la miseria fisica al bisogno e alla sorte che gli è concessa. In questa attività delle forze elementari riconosce una forza amica, più umana degli uomini. In luogo all’arbitrio casuale dei privilegiati è subentrata la casualità degli elementi, che strappano alla proprietà privata quanto essa non concede volontariamente. Le elemosine gettate per la via, non spettano ai ricchi più di queste elemosine della natura. Ma già nella propria attività i poveri trovano il proprio diritto. Col raccogliere, la classe elementare si pone sul piano della società umana, che ordina i prodotti delle forze elementari della natura. Analogamente si comporta coi prodotti che crescono allo stato selvaggio e rappresentano un possesso del tutto accidentale, e inoltre, per il loro scarso valore, non costituiscono oggetto di attività per il vero proprietario. Analogamente si comporta col racimolare, con lo spigolare e coll’esercitare simili diritti consuetudinari. Vive dunque in queste consuetudini  della classe povera un senso del diritto istintivo, la cui radice è positiva e legittima. E la forma del diritto consuetudinario è in questo caso altrettanto conforme a natura, quanto l’esistenza della classe povera stessa costituisce finora una mera consuetudine della società borghese, che non ha ancora trovato un posto adatto fra le membra coscienti dello Stato.” [Marx, Scritti politici giovanili, cit. p. 190-191]
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parte quarta H.D.S. MAROQUINERIES